In questi giorni, io e mia moglie ci stiamo guardando intorno per capire dove parcheggiare i nostri figli tra i vari campus estivi.
Una ricerca che ogni anno richiede tempo, pazienza e una buona dose di negoziazione tra i desideri dei bambini e le nostre esigenze logistiche.
Mentre confronto le varie opzioni, mi è tornato in mente un episodio dell’estate scorsa. Uno dei miei figli, alle prime esperienze con i campus estivi, non voleva assolutamente partecipare a quello di tennis che gli avevamo proposto. “Sarà noioso”, “Non conosco nessuno”, “Non sono bravo a tennis”… le sue obiezioni si moltiplicavano man mano che si avvicinava il giorno di inizio.
Alla fine è partito e, quando è tornato 7 giorni dopo, ha detto: “l’anno prossimo voglio fare 2 settimane, non solo una!” 🙂
I pregiudizi limitano la vita
Siamo nel campo dei pregiudizi: costruiamo nella nostra mente un’immagine di come sarà qualcosa che ancora non conosciamo, spesso basandoci su informazioni incomplete, su ciò che “si dice” o su esperienze vagamente simili. E poi, in base a questa immagine, prendiamo decisioni che possono precluderci opportunità preziose.
La storia è piena di esempi di pregiudizi che hanno ostacolato il progresso e l’innovazione.
Pensiamo a quando gli investitori rifiutarono ripetutamente di finanziare Airbnb, convinti che “nessuno avrebbe mai affittato la propria casa a degli sconosciuti”: l’azienda oggi vale oltre 100 miliardi di dollari.
Oppure, guardiamo la storia del dottor Ignaz Semmelweis, che scoprì nel 1847 che far lavare le mani ai medici prima dei parti riduceva drasticamente la mortalità delle puerpere. La comunità medica ridicolizzò la sua idea, ritenendo assurdo che “le mani di un gentiluomo potessero trasmettere malattie”: un pregiudizio che costò migliaia di vite.
Ma i pregiudizi operano silenziosamente anche nelle nostre vite quotidiane.
Quante volte, nella vita professionale, ho sentito colleghi rifiutare progetti innovativi perché “non funzioneranno mai”, salvo poi pentirsi quando altri li hanno realizzati con successo?
O quante volte ho visto persone evitare di conoscere meglio qualcuno perché “non sembra il tipo di persona con cui potrei andare d’accordo”, perdendo magari l’occasione di un’amicizia significativa?
Quando i pregiudizi colpiscono una professione
In quanto psicologo, ho sperimentato in prima persona gli effetti limitanti dei pregiudizi. Per anni, la mia professione è stata vittima di una visione distorta: “lo psicologo è per i matti”, “se vai dallo psicologo sei debole”, “i problemi si risolvono da soli con il tempo…”.
Questi pregiudizi hanno creato una doppia perdita: da un lato, professionisti preparati che non riuscivano a raggiungere chi aveva bisogno del loro aiuto; dall’altro, persone in difficoltà che, per paura del giudizio o per pregiudizi e luoghi comuni sullo psicologo, rinunciavano a un supporto che avrebbe potuto migliorare significativamente la loro qualità di vita.
Ancora oggi incontro persone che mi dicono: “Sai, sarei dovuto venire da te molto prima, ma pensavo che…”. E quel “pensavo che” è quasi sempre un pregiudizio che ha ritardato, a volte di anni, la decisione di chiedere aiuto.
I miei pregiudizi personali
Ovviamente, io stesso non sono immune dai pregiudizi. Per anni ho evitato di scrivere un libro, convinto che il processo sarebbe stato troppo complicato e frustrante. Quando finalmente mi sono deciso, mi sono chiesto: “Perché non l’ho fatto prima?”.
Oppure, per anni ho evitato di delegare compiti importanti nel mio lavoro, convinto che “se vuoi che qualcosa sia fatto bene, devi farla tu stesso”. Quando finalmente ho iniziato a fidarmi dei miei collaboratori, non solo ho scoperto che molti compiti venivano svolti meglio di quanto avrei fatto io, ma ho anche guadagnato tempo prezioso per dedicarmi a ciò che amo davvero.
I pregiudizi, insomma, sono come delle lenti deformanti attraverso cui guardiamo il mondo. Ci fanno vedere solo ciò che ci aspettiamo di vedere, confermando le nostre convinzioni iniziali e impedendoci di cogliere la realtà nella sua complessità.
Una discarica che non era una discarica
È proprio quello che è successo a me e mia moglie quando, nella primavera di quest’anno, abbiamo visitato Peccioli, un incantevole borgo toscano.
Quando ci hanno proposto di visitare “la discarica”, la nostra reazione iniziale è stata di scetticismo. Chi vorrebbe trascorrere del tempo in un luogo che, nell’immaginario collettivo, è associato a cattivi odori, rifiuti e degrado?
Ma quella che ci aspettava era una delle più straordinarie sorprese che abbiamo vissuto. Quello che tutti chiamavano “discarica” era in realtà un incredibile esempio di rigenerazione urbana e un museo di arte contemporanea a cielo aperto. Camminando tra i gradoni dell’anfiteatro, circondati da distese di margherite e papaveri rossi, affiancati da imponenti sculture, ci siamo guardati negli occhi con la stessa espressione: “Come abbiamo potuto pensare che sarebbe stato un posto brutto?”.
Ancora una volta, un pregiudizio ci aveva quasi privato di un’esperienza straordinaria.
Come aiutare i bambini (e noi stessi) a superare i pregiudizi
I pregiudizi sono scorciatoie mentali che il nostro cervello utilizza per semplificare la realtà. Fin da piccoli impariamo a categorizzare il mondo basandoci su ciò che “si dice” o su esperienze limitate. Questo meccanismo naturale, nato per aiutarci a prendere decisioni rapide, oggi rischia di trasformarsi in un limite.
Come possiamo allora aiutare i nostri figli (e noi stessi) a non cadere nella trappola dei pregiudizi?
Prima di tutto, incoraggiando l’esplorazione diretta. Quando un bambino esprime un giudizio basato sul “sentito dire”, invitiamolo a verificare di persona. Se dice “quel gioco è noioso” senza averci mai giocato, potremmo rispondere: “Che ne dici se lo proviamo insieme per qualche minuto? Se poi non ti piace, facciamo altro”.
In secondo luogo, celebrando i cambi di prospettiva. Quando scopriamo che qualcosa è diverso (e meglio) di come pensavamo, sottolineiamo questa scoperta. A cena, perché non raccontare a turno una “sorpresa positiva” della giornata, qualcosa che abbiamo scoperto essere diverso da come ce lo aspettavamo?
Infine, allenando lo sguardo critico. Invece di accettare o rifiutare un pregiudizio, facciamo domande aperte: “Come fai a saperlo?”, “L’hai visto tu stesso?”, “Potrebbe esserci qualcosa che non sappiamo ancora?”.
Un libro per imparare a vedere oltre i pregiudizi
È proprio da queste riflessioni e dall’esperienza di Peccioli che è nato il nuovo volume esclusivo della collana Serenamente (lo trovi in pre-order qui: https://amzn.eu/d/hQLQVcq), la serie di albi illustrati che ho creato insieme a mia moglie per aiutare i bambini dai 4 agli 8 anni a sviluppare un sano rapporto con le proprie emozioni e con il mondo.
“Tutto è speciale, se osservi bene” è un viaggio affascinante nel mondo dei pregiudizi visto attraverso gli occhi di Simba, un piccolo protagonista che scoprirà quanto possa essere ingannevole fidarsi di ciò che “tutti dicono” senza verificare di persona.
Una storia che, attraverso illustrazioni vivaci e una trama coinvolgente, insegna ai bambini l’importanza di osservare con i propri occhi prima di giudicare, ma che contiene anche preziosi spunti di riflessione per noi adulti.
Perché, in fondo, anche noi abbiamo ancora tanto da imparare sull’arte di guardare il mondo con occhi nuovi, liberi dai filtri dei pregiudizi.
Il libro sarà disponibile in edizione speciale, acquistabile esclusivamente online.
Un’occasione per regalare ai nostri figli (e a noi stessi) uno strumento prezioso per crescere più consapevoli e aperti a tutte le meraviglie che il mondo ha da offrire.
Perché, come dice il titolo, tutto è davvero speciale… se solo impariamo a osservare bene.
E tu hai dei pregiudizi che sei riuscito/a a superare? Quali sono stati i risultati che hai ottenuto? Raccontamelo nei commenti, ti leggo e ti rispondo 😉
A presto,
