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16 gennaio 2025
Ogni tanto ripenso al mio analista e alla gratitudine che provo nei suoi confronti.
Sebbene siano anni che ho concluso la mia terapia personale, di tanto in tanto gli mando qualche sms per salutarlo e dirgli che lo ricordo con affetto.
Di norma penso a lui quando le cose mi vanno molto bene, oppure quando non so dove sbattere la testa 🙂
Tra le tante cose per cui sono grato a Primo (questo il suo nome), c’è che mi ha fatto toccare con mano il potere delle parole, mostrandomi che non si limitano a descrivere la realtà, ma arrivano a trasformarla.
In psicologia, chiamiamo questa trasformazione “insight”, una specie di intuizione improvvisa che ti porta a vedere una situazione in modo completamente nuovo, o a scorgere dentro di te un qualcosa che prima non vedevi. È un’illuminazione interiore che, quando arriva, è tanto potente quanto scioccante.
Mi è successo più volte durante le sedute con Primo. Uscivo dal suo studio con la sensazione spiazzante di aver visto qualcosa di evidente che prima era completamente invisibile ai miei occhi. Il mio pensiero ricorrente era: “Come ho fatto a non vederlo prima? Era proprio qui, sotto il mio naso…”
“Ora lo vedo”
Ho ritrovato quella stessa luce l’altro giorno, ma “dall’altra parte della scrivania”. Stavo tenendo una conferenza sulle ferite interiori e su come trasformarle in feritoie, cioè da punti di dolore a punti di osservazione del mondo più protetti e consapevoli. Alla fine del mio intervento, una donna sulla cinquantina si è avvicinata e mi ha detto semplicemente: “Ora lo vedo, grazie”.
Non ho avuto modo di approfondire con lei – c’era troppa confusione e troppe persone intorno – ma ho riconosciuto nel suo sguardo quella stessa luce che avevo sperimentato io con Primo, capace di usare parole che irradiavano immagini, esperienze, idee, vita. Luce, appunto.
In tanti anni di studio del linguaggio e delle dinamiche comunicative, ho scoperto che le parole sono certo fondamentali, ma la vera trasformazione avviene quando si intrecciano con altri elementi più profondi della comunicazione efficace. Ad esempio, la vulnerabilità nel condividere le proprie esperienze, l’arte dello storytelling, la capacità di ascolto profondo, l’energia che sai imprimere attorno al messaggio, la chiarezza con cui esponi la struttura comunicativa, l’autenticità che lasci emergere…
Affinare queste competenze, per me, è stato possibile grazie ad attività e contesti tra loro molto diversi: scrivere libri divulgativi, fare video su Youtube, tenere eventi davanti a grandi platee, fare colloqui individuali con persone che si sono aperte a me…
C”è però uno strumento accessibile a tutti noi, che mi aiuta ancora oggi giorno dopo giorno a crescere nel mio modo di comunicare.
La chiave per comunicare e usare bene le parole
La chiave sta in una pratica tanto semplice quanto potente: tenere un diario delle proprie esperienze. Non un diario qualunque, ma uno spazio dove interrogare attivamente ciò che ti accade.
Per comunicare efficacemente, infatti, non basta avere qualcosa da dire. Devi dedicare tempo al tuo pensiero, a come affinarlo, svilupparlo, semplificarlo. Grazie a questa abitudine, ho compreso che le intuizioni più preziose, quelle capaci di generare insight negli altri, nascono spesso dall’analisi profonda dei miei successi e fallimenti.
Ogni esperienza contiene una lezione
Per trovarla, devi interrogarla.
Il “diario delle mie storie” è il luogo dove raccolgo gli eventi significativi della mia vita, non solo per raccontarli, ma per interrogarli attivamente. Cosa mi hanno insegnato? Quale lezione nascondono? Come potrebbero essere utili agli altri?
Ogni tanto apro questo lungo file e mi rileggo alcune delle storie che ho scritto negli anni. Alcune finiscono nei miei libri, altre diventano esempi durante i miei speech, altre ancora si trasformano in spunti per le sessioni di coaching o in modi nuovi per spiegare concetti importanti ai miei figli. E sì, talvolta diventano anche articoli per questo blog 🙂
Se voi migliorare la tua comunicazione, sul lavoro o nella vita privata, ti suggerisco di iniziare a tenere un “diario delle mie storie”, nel quale raccogliere ciò che di strano, curioso, avventuroso ti capita.
E tu? Hai mai sperimentato il potere trasformativo delle parole?
Raccontami la tua esperienza nei commenti.

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Lilia
Si, dello sguardo, della parola/silenzio, del contatto, dell’ascolto
Luca
Si è vero rileggere ciò che si è scritto tempo addietro è molto educativo e ti dà modo di riflettere in modo costruttivo sul presente