10 OTTOBRE 2024


Quando mi sono laureato nel lontano 2004 (foto di repertorio annessa), il mio ingresso nel mondo del lavoro era stato molto complesso, tanto che per i primi 5 anni dalla laurea ho fatto lavori che ben poco centravano con il mio percorso di studi: dall’imbianchino al barista, dal consegnare pacchi natalizi al fare la security agli eventi sportivi.

pregiudizi psicologo

Uno degli ostacoli che più mi rendeva difficile esercitare la mia professione, era rappresentato dal grande mondo dei pregiudizi nei confronti di ciò che facevo e della scienza della psicologia.

“Lo psicologo è il medico dei matti!” si diceva tra il serio e il faceto, oppure “è impossibile risolvere i problemi della vita soltanto parlando!”, e così via.

Ecco: queste idee rendevano difficile l’avvicinamento dei pazienti al mio studio di psicologia, e di conseguenza l’avvio della mia professione.

Negli ultimi anni, per fortuna, molte cose sono cambiate.
Si parla sempre di più di salute mentale e di quanto sia importante prendersi cura del proprio benessere psicologico. 

Gli influencer raccontano nelle stories la loro terapia, le aziende prendono in considerazione la possibilità di offrire sportelli di sostegno psicologico al loro personale e anche la politica alla fine si è decisa a sostenere attraverso il bonus psicologo il nostro lavoro. 

Eppure, nonostante l’accettazione crescente, i pregiudizi sulla figura dello psicologo rimangono ancora radicati e impediscono a molte persone di avvicinarsi alla terapia. 

Otto anni fa avevo realizzato la prima infografica dedicata a questo argomento (sì, quella gialla che vedi in giro da un po’, e che poi avevo ceduto all’Ordine degli Psicologi della Lombardia per diffonderla alla cittadinanza…), oggi la riprendo in mano per aggiornarla aggiungendo ad alcuni vecchi pregiudizi, dei nuovi falsi miti che si sono sviluppati con l’evoluzione della tecnologia e la sempre maggiore presenza di psicologi online. 

Pronti?

Bene, vediamo allora i 10 pregiudizi più comuni (e i falsi miti più recenti) che è ora di sfatare. 

INDICE DEI CONTENUTI

1) Lo psicologo è solo per chi ha problemi

Sono ancora in molti a credere che andare dallo psicologo sia necessario solo quando si affronta un problema grave e insormontabile. Come se lo psicologo fosse alla stregua di un’ultima spiaggia alla quale rivolgersi in cerca di una magia. 

Ma chiediti un attimo: cos’è davvero un problema

La gravità di una difficoltà è un concetto soggettivo e dipende da quanto interferisce con la tua capacità di vivere in modo sereno e soddisfacente. Ciò che può sembrare un dettaglio per qualcuno potrebbe diventare un ostacolo enorme per un altro, influenzando il benessere psicologico e la qualità della vita.

Lo psicologo è un professionista che non si occupa solo di traumi o disagi profondi; il nostro ruolo è anche quello di supportare chiunque desideri crescere, conoscersi meglio e vivere con maggiore consapevolezza. Non è necessario aspettare che le difficoltà si trasformino in qualcosa di insormontabile: intervenire in anticipo, quando i problemi sono ancora piccoli e gestibili, aiuta a prevenire che si cronicizzino e diventino più complessi. 

Se parliamo di igiene dentale, questo concetto è tendenzialmente chiaro e intuitivo, nonché dai più accettato come prassi (motivo per cui almeno una volta all’anno andiamo a fare la pulizia dei denti e un checkup generale).
Se passiamo all’igiene mentale, invece, sono in pochi a prenderlo in considerazione.

Prendersi cura del proprio benessere fin da subito, pertanto, permette di trovare nuove risorse e strategie per affrontare la vita con maggiore serenità, senza lasciarsi sopraffare dalle difficoltà.

2) Lo psicologo è per i deboli

Il pregiudizio secondo cui chiedere aiuto sia segno di debolezza è ancora molto radicato, e probabilmente resta quello che fa più danni in assoluto. Questa convinzione deriva da un retaggio culturale che valorizza l’indipendenza e l’autosufficienza come prove di forza e competenza. Siamo portati a credere che affrontare tutto da soli sia un segno di resilienza e coraggio, mentre cercare supporto è interpretato come un’ammissione di fallimento o fragilità.

La realtà è molto diversa.
L’essere umano è, per natura, un animale sociale: è normale e sano rivolgersi agli altri quando ne abbiamo bisogno.
Chiedere aiuto, soprattutto alla persona giusta, è una competenza fondamentale e purtroppo spesso sottovalutata. Sapere a chi rivolgersi e avere il coraggio di farlo sono segni di intelligenza emotiva e maturità, non certo di debolezza.

Da questo punto di vista, la vera forza oggi è la disponibilità a mostrarsi vulnerabili (che in fin dei conti è la strada maestra per riconoscere e portare agli altri la propria unicità).

Il percorso terapeutico è un’opportunità in cui la persona prende un ruolo attivo nella propria vita, scegliendo di affrontare le difficoltà e di lavorare per il proprio benessere. È un atto di consapevolezza e responsabilità personale, in cui la persona dimostra capacità di collaborazione, apertura e di investimento sul proprio futuro. Chi sceglie di andare in terapia sa che migliorare è sempre possibile e comprende il valore della connessione e della cooperazione per raggiungere questo obiettivo.

 

3) “Sono fatto così” / “La personalità non cambia”

Questa è una convinzione che limita fortemente l’individuo, ma che fortunatamente possiamo risolvere spiegando come funzionano la psicologia e la psicoterapia. 

Molte persone credono che la personalità sia una struttura fissa e immutabile e che la terapia, specialmente quella basata sulla parola, non possa avere un impatto concreto. È normale pensarlo, specialmente se non si conoscono i meccanismi del cambiamento psicologico e della scienza che sta dietro la terapia. 

Per fare chiarezza iniziamo col dire che la personalità è l’insieme di tratti e caratteristiche stabili che determinano il nostro modo di pensare, sentire e comportarci nel mondo. In terapia è possibile analizzare la personalità e scattare una sorta di fotografia che ci restituisce la struttura della personalità in quello specifico momento della vita della persona.

Sì, alcuni aspetti possono essere stabili (ed è giusto che sia così), ma questo non significa che siano immutabili e che le persone siano prigioniere di questi tratti.

In terapia è possibile lavorare sul modo di reagire alle situazioni e di interpretare ciò che ci accade, al punto da poter modificare strutturalmente il cervello e “potenziarlo”. Insomma, la psicoterapia fornisce strumenti pratici e strategie per aiutare le persone a cambiare schemi disfunzionali, a sviluppare nuove abilità e a costruire una versione di sé più in linea con i propri valori e obiettivi. 

Il cambiamento è reale e tangibile per chiunque sia pronto e disponibile a impegnarsi per mettere in discussione prima di tutto i propri modelli di pensiero e comportamentoe

4) In terapia soffrirò tutto il tempo

Da dove arriva tutta questa paura del dolore emotivo? È una domanda importante. 

In parte, la nostra cultura tende a farci evitare la sofferenza, a distrarci a ogni costo con acquisti, attività e proposte che hanno la potenzialità di rimandare all’infinito la presa di coscienza. Questo atteggiamento spesso si alimenta dell’incertezza e del timore di ciò che si potrebbe scoprire di sé in un percorso terapeutico. 

Capita che alcuni, pur riconoscendo il valore della psicoterapia, se ne tengano a distanza per paura di trovarsi a rivivere momenti dolorosi o traumatici.
Da un certo punto di vista, sono convinto che questo sia il vero e più importante costo che la persona debba sostenere quando decide di rivolgersi a uno psicologo, ancor più che il prezzo economico da pagare.

E sicuramente non si può negare che la terapia sia un percorso complesso e sfaccettato, ma sarebbe sbagliato proporla come un’esperienza esclusivamente difficile o sofferta. È vero che ci possono essere momenti di riflessione profonda e confronto con le proprie vulnerabilità, ma il lavoro terapeutico non si riduce solo a questo. Ci sono anche momenti di leggerezza, di scoperta e di crescita positiva, dove si esplorano risorse, si coltivano nuove prospettive e si celebrano i progressi fatti.

Nella stanza di terapia, terapeuta e paziente sono collaboratori, impegnati a costruire insieme un percorso su misura. Lo psicologo non è lì solo per analizzare, ma per prendersi cura della persona nel suo complesso: piangere, ridere, condividere sogni e progetti, sentirsi complici con il terapeuta sono aspetti essenziali che trasformano la terapia in un’esperienza arricchente nella quale il dolore non è l’unico protagonista.

Il vero senso della terapia, anche quando si lavora su traumi o esperienze difficili, non è rivivere il dolore per il dolore, ma esplorare ciò che quel dolore ha sottratto alla persona e lavorare per restituirlo.

5) Se la situazione è gestibile, meglio un coach

Negli ultimi anni, la figura del coach è diventata sempre più popolare, e molti lo considerano una soluzione rapida per migliorare la propria vita quando le difficoltà sembrano “gestibili”.

Non ho nulla contro la figura del coach, e ho imparato tante cose sulle dinamiche del cambiamento anche da chi psicologo non è.
Però, partendo dal presupposto che il coaching nasce in seno al ramo della psicologia chiamato “psicologia positiva”, dobbiamo sapere che le due figure professionali sono differenti.

Lo psicologo, in particolare, lavora su molteplici aspetti, tra cui: 

• la gestione dello stress, 

• il miglioramento delle abilità relazionali, 

• la comprensione delle emozioni, 

• la gestione dei traumi, 

• la costruzione dell’autostima e la promozione del benessere psicologico generale,

• aiuto alle persone a esplorare i propri schemi di pensiero e comportamento, supportandole nel raggiungere obiettivi personali attraverso un approccio scientifico ed evidence-based.

Quando si pensa allo psicologo lo si immagina quasi sempre specializzato in psicologia clinica, che si concentra sul trattamento di patologie mentali, disturbi psicologici e disagi emotivi significativi. Esistono però anche psicologi specializzati in altro: psicologia del lavoro, psicologia della salute, psicologia dello sport, psicologia dell’educazione e molte altre aree, ognuna delle quali si focalizza su aspetti specifici dello sviluppo e del benessere della persona.

Il coaching può essere utile in alcuni contesti, ad esempio quando si tratta di definire obiettivi professionali, migliorare la produttività, o sviluppare abilità pratiche specifiche come la gestione del tempo o la comunicazione efficace. Tuttavia, il coach non ha le competenze per occuparsi di problemi emotivi, relazionali, né di difficoltà legate a traumi, disturbi dell’umore, ansia o altre problematiche psicologiche complesse che rimangono di esclusiva pertinenza dello psicologo.

Da questo punto di vista, sulla carta, lo psicologo ha una formazione più completa e in grado di affrontare a 360 gradi problematiche e opportunità che si possono presentare nella vita della persona. 

Bene, fin qui abbiamo recuperato e approfondito alcuni pregiudizi che conosciamo da sempre, iniziamo ad affrontare quelli più recenti. 

6) Ormai è meglio la terapia online – NEW ENTRY

La terapia online ha guadagnato sempre più popolarità dal 2020, ma è importante sapere che la sua efficacia è stata oggetto di studio già da prima della pandemia. Durante l’emergenza sanitaria globale si è però resa necessaria una sperimentazione su larga scala, che ha dimostrato come la psicoterapia a distanza possa essere un’alternativa valida e sicura per molte persone. 

La terapia online si è rivelata particolarmente utile in contesti specifici:

• per le persone con difficoltà di mobilità, 

• per chi vive in zone remote o rurali con scarsa disponibilità di professionisti,

• per chi ha impegni lavorativi che rendono difficile recarsi in uno studio fisico,

• per persone che si sentono più a proprio agio nell’ambiente sicuro della propria casa. 

Inoltre, è stata molto efficace per il trattamento di problematiche legate all’ansia, alla depressione lieve, al supporto durante momenti di crisi o per percorsi di psicoterapia breve e focalizzata.

Io stesso sono un sostenitore ed erogatore di terapia online e già dal 2011, ma sono anche consapevole che non è una soluzione universale. Alcune situazioni richiedono ancora il contatto vis-à-vis, come ad esempio i casi di disturbi psicotici, traumi complessi, o quando è necessario stabilire un rapporto terapeutico più profondo e stabile attraverso il linguaggio non verbale, che spesso è difficile da cogliere dietro uno schermo. Inoltre, non tutti i pazienti si sentono a proprio agio in un contesto virtuale: alcuni potrebbero percepire la mancanza di una presenza fisica come un ostacolo alla connessione emotiva o alla creazione di un ambiente sicuro.

In sintesi, la terapia online è un’opzione flessibile, comoda e accessibile, ma è importante adattarla alle esigenze specifiche di ciascun paziente e valutare attentamente se è la soluzione più adatta per la tipologia di problematica da affrontare.

7) La terapia online non funziona (vade retro…) – NEW ENTRY

La terapia online? Ma siamo sicuri che funzioni? Io non mi fido. 

Le motivazioni alla base di questa convinzione sono diverse, ma la prima è che sembra ancora ‘strano’ potersi interfacciare per la cura tramite schermo. Alcuni ritengono che la mancanza di vicinanza fisica sia un limite, altri pensano che il problema della distanza sia che crei una barriera emotiva rendendo più difficile stabilire un legame autentico e di fiducia. 

E poi se internet non funziona bene? Se entra qualcuno in camera o se mi ascoltano da dietro la porta? Chissà se il terapeuta mi ascolta davvero o si guarda una serie tv in modalità muta… Subentrano le fantasie perché chi non ha mai fatto psicoterapia online non sa cosa aspettarsi.

La ricerca scientifica, però, ha dimostrato che la terapia in questa modalità può essere tanto valida quanto quella in presenza, a patto che sia strutturata in modo adeguato e che ci sia una buona sintonia tra terapeuta e paziente. Ciò significa che la piattaforma utilizzata deve essere sicura e stabile, e che siano garantite sia la privacy che la continuità del percorso. 

Il terapeuta deve essere preparato per lavorare in un contesto virtuale, sapendo come adattare le tecniche e gli interventi per rendere la comunicazione efficace anche a distanza. Il paziente deve sentirsi a proprio agio e quindi l’ambiente, anche se virtuale, deve continuare a favorire la fiducia e la connessione emotiva.

Certo, come già accennato la terapia online può non essere adatta a ogni situazione. Disturbi gravi o casi che richiedono un intervento intensivo e strutturato, o certi tipi di personalità, potrebbero necessitare di un setting in presenza per garantire un supporto più immediato e diretto. Per alcuni pazienti uscire ed esporsi fa parte del percorso. Inoltre, pazienti che vivono in contesti domestici poco sicuri o privi di privacy potrebbero non riuscire a trarre beneficio da un percorso online.

Ad ogni modo, la terapia online è una risorsa preziosa, assolutamente sicura ed efficace che ha ampliato notevolmente l’accesso alle cure psicologiche e, se ben gestita e personalizzata, non ha nulla da invidiare alla terapia tradizionale. 

8) Seguire profili di psicologi online è un po’ come fare terapia – NEW ENTRY

Non abbiamo mai avuto accesso a tante informazioni e contenuti sulla salute mentale come oggi grazie ai social media. Profili di psicologi, terapeuti o persino influencer nel campo della salute mentale forniscono spesso risorse preziose per sensibilizzare il pubblico e creare consapevolezza su questi argomenti.

Addirittura Harvard ha chiesto aiuto a una serie di Health Influencer (influencer della salute) per sostenere l’opera di sensibilizzazione e per aiutare nella prevenzione. È possibile trovare video informativi su temi specifici come l’ansia o la depressione, consigli pratici per migliorare il benessere quotidiano, spunti di riflessione, tecniche di mindfulness e strumenti per gestire le emozioni.

Attenzione però: seguire un profilo di uno psicologo online o di un influencer non equivale a fare terapia e neppure auto-terapia. La terapia è un processo articolato e altamente personalizzato, creato su misura per il paziente perché deve calzare come un guanto. In più, la terapia richiede un’interazione diretta e continua tra terapeuta e paziente. Si basa su un dialogo strutturato, che mira a esplorare aspetti profondi della vita e della psiche della persona, sviluppando obiettivi specifici e strumenti pratici per raggiungerli. 

Guardare video o leggere post, per quanto possa essere educativo e motivante, non può sostituire l’efficacia di un percorso personalizzato, perché mancano il contesto e l’approfondimento che solo un terapeuta può fornire. Possono essere utili per ottenere consigli pratici o per comprendere meglio certi concetti, ma la terapia è un percorso molto più strutturato, che coinvolge un livello di profondità e personalizzazione che non può essere raggiunto tramite contenuti generici sui social media.

9) La terapia o funziona subito o non serve a nulla

Capita che ci si avvicini alla terapia con l’aspettativa che il cambiamento sia immediato. Sono spesso la cultura dell’alta performatività e della gratificazione istantanea a influenzare questo pensiero. La stessa voglia di risultati immediati che abbiamo nel lavoro, nel fitness o persino nell’intrattenimento, viene applicata alla terapia. Perciò, quando non si vedono cambiamenti evidenti fin dalle prime sedute, si inizia a fantasticare che la terapia non funzioni e che non valga la pena continuare.

Quando le persone mi chiedono “quanto tempo impiegherò per guarire?”, mi viene sempre in mente la risposta che Milton Erickson dava in queste situazioni: “Meno del tempo che ha impiegato per ammalarsi”. 

Con questo voglio portare l’attenzione sul fatto che il cambiamento psicologico è un processo complesso che richiede tempo, pazienza e costanza. La terapia è un lavoro graduale e proprio come quando si pianta un seme, non ci si può aspettare che cresca e fiorisca da un giorno all’altro: occorre tempo affinché le radici si sviluppino e il processo di crescita diventi visibile.

Ogni passo in terapia, anche quello che puo’ sembrare piccolo o poco rilevante è un investimento nel proprio benessere a lungo termine. Il vero cambiamento avviene in modo progressivo, attraverso un accumulo di piccoli avanzamenti che, messi insieme, portano a una trasformazione profonda e duratura.

10) Posso andare in terapia solo quando ne ho bisogno

L’ultimo mito da affrontare è che la terapia sia solo una sorta di pronto soccorso emotivo, da attivare esclusivamente in situazioni di emergenza o quando ci si sente sopraffatti da una crisi. Una visione di questo tipo è riduttiva e limita il potenziale di un percorso terapeutico.

I progressi per essere consolidati devono rientrare all’interno di un percorso continuativo in modo da lavorare in profondità, andando oltre la risoluzione del singolo problema. La terapia non si limita a gestire le crisi: è uno spazio sicuro nel quale sentirsi liberi di entrare anche per evitare che una situazione che potrebbe essere circoscritta, si cronicizzi aggravandosi. 

Da questo punto di vista, credo che il grande “salto mentale” che è necessario promuovere sia quello che vede la visione dello psicologo non come risolutore di problemi, ma partner di crescita e cambiamento nell’intero arco della vita del paziente.

In conclusione, la terapia è un’opportunità straordinaria per conoscersi meglio e migliorare la qualità della propria vita, ma la si approccia molto meglio se si superano i pregiudizi e i falsi miti che ancora la circondano.
Insieme al MazzuTeam ne abbiamo scelti 10, ma ce ne sono altri.         

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P.S. Nel mio libro “L’era del cuore” racconto la mia storia con i pregiudizi legati alla professione psicologica. Puoi acquistare ora la tua copia a questo link: https://amzn.to/2U89yMm 

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